La storia della Sagra del Pesce di Chioggia

Nata nel 1938 come una delle tante iniziative della propaganda fascista per promuovere la politica dell’autarchia, dopo più di ottant’anni è ancora una delle manifestazioni più importanti della Città legate ai prodotti ittici e alla pesca 

di Alberto Naccari

L’ANTEFATTO STORICO

Gli antefatti storici che portarono alla nascita della Sagra del Pesce di Chioggia e alle altre politiche a sostegno dell’autarchia si collocano nel periodo Imperialista fascista, quando la Società delle Nazioni, organismo internazionale sorto dalle ceneri della Prima Guerra Mondiale per dirimere le controversie tra le Nazioni, si espresse in maniera negativa sul progetto di riconquista dell’Etiopia da pare di Mussolini, ma riuscì solo ad offrire un’ambigua solidarietà al Negus ed a bandire contro l’Italia un

Massaua. Feriti della battaglia di Adua

blocco economico mediante sanzioni commerciali. In realtà, solo alcuni dei 56 Paesi che non avrebbero dovuto rifornire l’Italia si schierarono apertamente contro (come fece la Francia). Inoltre, non facendo parte della Società, piena libertà era lasciata agli Stati Uniti, al Giappone, al Brasile. In questo modo, l’Inghilterra, rifornita dagli USA, riforniva tranquillamente la Germania, che a sua volta riforniva l’alleata Italia. Le sanzioni, quindi, non influirono più di tanto, con l’assenso tacito e compiaciuto della stessa Italia, cui conveniva atteggiarsi a vittima per far crescere l’odio delle masse contro le “nazioni plutocratiche”.

Il Ministro dell’Agricoltura e Pesca, Rossoni, con le partecipanti al concorso per il miglior costume tradizionale, 1939Propagandare questa situazione con il vittimismo era funzionale al Regime, sia perché Mussolini già pensava ai futuri passi d’amicizia con la Germania di Hitler sia perché negli ultimi anni le riserve auree della Banca d’Italia erano calate del 74% sia perché la frenesia della conquista aveva aperto voragini in tutti i settori, con una reazione a catena su tutto l’indotto. Inoltre, la sopravvalutazione della Lira impediva gli scambi, danneggiando l’esportazione ed impedendo l’entrata di divise preziose, utilizzabili per l’importazione.  A tali problemi si aggiunse quello del grano, la cui produzione non era sufficiente a soddisfare il fabbisogno nazionale. Quella di credere evitabili le importazioni fu una pia illusione, in particolare l’acquisto di materie prime necessarie alle industrie tessili (cotone e lana), all’industria siderurgica (acciaio e carbone), ai trasporti (combustibile), che erano assolutamente irreperibili nel nostro Paese. Il vittimismo delle Sanzioni servì a Mussolini solo per propagandare il consumo dei prodotti nazionali, mentre la riconquista dell’Etiopia si dimostrò unicamente una costosa crociata patriottica ininfluente sulla crescita economica. Ed è proprio a questo stato di cose che va condotta la nascita della Sagra del Pesce di Chioggia.

L’AUTARCHIA

Come risposta alle Sanzioni, il regime fascista si adoperò per lo sviluppo di una serie di produzioni autonome, potenziando l’industria chimica, la ricerca sulle fibre vegetali, sperimentando nuovi tipi di carburante, favorendo i surrogati per sostituire le materie mancanti. Per far fronte alle necessità alimentari della popolazione fu potenziata la battaglia del grano, lanciata nel 1925 con l’ambizioso obiettivo di raggiungere l’autosufficienza produttiva di frumento, e non importare più i 25 milioni di quintali di frumento su un fabbisogno totale di 75. La bonifica dell’Agro Pontino (1926-37), affidata all’Opera Nazionale per i Combattenti, divenne il fiore all’occhiello di Mussolini, ripreso a dorso nudo ad aiutare i braccianti agricoli, così come la fondazione di Littoria (oggi Latina), Sabaudia, Pontinia, Aprilia e Pomezia.

La metà del popolo italiano non consumava pesce di mare, veniva considerato un alimento per i poveri. A Venezia, nel 1936, un chilo di triglie o di sogliole non superava il costo di un etto di pane

Di pari passo, le popolazioni interne del Paese furono spronate al consumo del pesce, incalzate con insistenza dalla propaganda che si serviva di affermazioni create ad hoc: “La mancanza di iodio fa venire il gozzo; guardate nei paesi montani. Abbiamo i quattro più stupendi mari del mondo, con una riserva alimentare infinita e perenne… ed inoltre il consumo di pesce sviluppa l’intelligenza”.

Si esaltano le qualità del pesce e si invita a consumare questo nutrimento autarchico nel manuale del dottor Padoan editato nel 1941

La metà del popolo italiano che viveva nell’entroterra (il 50% degli italiani viveva lungo le coste) iniziò a scoprire ed a consumare il pesce di mare. Nella ricca Lombardia era rarissimo, prima del 1936, trovare una pescheria in città. Il pesce era praticamente sconosciuto ad ogni ceto, e veniva considerato un alimento per i poveri derelitti incapaci di procurarsi altro. A Venezia, nel 1936, un chilo di triglie o di sogliole non superava il costo di un etto di pane. Il pesce azzurro: sgombri, sarde, alici, veniva ributtato a mare dai pescatori! A Pescara, al porto, era venduto a due centesimi al chilo, lo stesso costo di mezzo etto di patate o di metà uovo.

 Il Fascismo puntò su questo alimento “autarchico” inaugurando a Milano, nel 1935, il Mercato del Pesce. Grandi divennero gli affari per i pescatori liguri, romagnoli, veneti. Una ragione c’era: la carne costava circa 18 lire al chilo, il pesce 18 volte meno!

Colonia estiva a Sottomarina

Il baccalà secco (merluzzo) costava solo 2,50 lire al chilo, e l’unica ditta che lo importava in monopolio dalla Norvegia aveva sede ad Ancona. Nel Veneto, il piatto principale divenne il baccalà, che aumenta di varie volte il proprio peso dopo essere stato reidratato: con sole 4 lire (tre per il baccalà ed una per la farina gialla da polenta) si poteva mangiare per una settimana. Una vera manna, se si pensa che lo stipendio mensile di un bracciante era di circa 200 lire, di un operaio 300, di un impiegato 350/420, di un capo-ufficio 800, di un dirigente 1000, di un generale o di un accademico 3000. Nel nostro Paese, la prima città a muoversi per propagandare il mondo del mare fu Ancona. Nata nel 1933, la Fiera Internazionale della Pesca presentava le novità dell’intera filiera ittica: dalla cantieristica al prodotto, dalle attrezzature di bordo a quelle per la lavorazione e trasformazione del pescato, dall’acquacoltura ai servizi per la commercializzazione. Essa rappresentava l’appuntamento annuale per incontri e confronti tra operatori, associazioni di categoria, organismi governativi, per promuovere innovazione, qualità del lavoro e redditività.

LA FESTA POPOLARE

1938 Il duca di Genova e signora all’inaugurazione della Sagra del Pesce

Nata nel 1938 con il patrocinio di Sua Altezza Reale Ferdinando di Savoia, il Duca di Genova, che volle offrire coppa e diploma da destinare quale premio, la Sagra del Pesce si caratterizzò come il manifesto di una politica economica mirante alla valorizzazione dei prodotti alimentari nazionali ed alla esaltazione della propria identità culturale. Oltre ai vari spazi allestiti per la degustazione del pesce, infatti, veniva dato grande risalto alla tradizione marinara locale, presentando gli attrezzi, gli strumenti, le imbarcazioni di un ambito lavorativo praticamente sconosciuto al resto del Paese.

Il Regime Fascista, attento sia al controllo degli italiani sia al loro coinvolgimento emotivo per accrescere il consenso, fu particolarmente attivo durante gli anni Trenta, favorendo molte iniziative di stampo corporativistico

La scelta autarchica diede un forte impulso all’economia collegata alla pesca, tanto che il prodotto commerciato passò dai 30.077 quintali del 1932 ai 39.082 del 1938, mentre il fatturato passò dai 9 milioni ai 12 milioni e mezzo per lo stesso periodo. Purtroppo tali progressi non furono seguiti dall’ammodernamento della flotta peschereccia, nella quale si contavano solo poche decine di imbarcazioni a motore. Attraverso numerosi organi istituzionali, ultimo dei quali il Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop), istituito nel 1937, il Regime Fascista, attento sia al controllo degli italiani sia al loro coinvolgimento emotivo per

Giovani Balilla e Piccole Italiane per gli esercizi ginnici del sabato al campo sportivo, 1939

accrescere il consenso, fu particolarmente attivo durante gli anni Trenta, favorendo molte iniziative di stampo corporativistico miranti a risvegliare l’orgoglio nazionale ed avvalorare il ricco patrimonio culturale locale. Vanno viste sotto questa luce le regate tra le imbarcazioni da pesca, quelle tra le imbarcazioni sportive, le colonie marine che nella stagione estiva si riempivano dei figli dei contadini e degli operai, i viaggi in treno o le crociere navali per le varie associazioni di dopolavoro, i concorsi a premi di figurine date in omaggio sui prodotti alimentari nazionali, le attività ginnico-sportive per i giovani che si svolgevano nella giornata di sabato (“el sabo fasista”), e molto altro.

 In un contesto così definito, la Sagra divenne la cornice ideale per quelle manifestazioni pensate sia per promuovere i prodotti del mare sia per recuperare i valori della tradizione, come il concorso per il miglior costume,  per la costruzione del

La regata velica dei bragozzi del 1934

miglior bragozzo da pesca, la festa della vela nel bacino di Vigo, il concorso per lo stand (“casottino”) più invitante. L’intera piazza, addobbata con luminarie, fontane, festoni, insegne, ospitò per tre giorni (20,21,22 agosto) una quantità impressionante di turisti giunti da ogni dove e con ogni mezzo, in un numero così elevato da rendere impossibile il passeggio. Erano quelli gli anni dei treni che viaggiavano in orario, dei telefoni bianchi, dei film storici che celebravano le virtù italiche, delle liriche di Gabriele d’Annunzio, del premio Nobel per la fisica ad Enrico Fermi (1938), dello sviluppo del polo chimico di Marghera, della battaglia del grano, del completamento dell’Acquedotto Pugliese, della fiera del Levante (Bari), ma pure del sogno

Concorso a premi Figurine Perugina-Buitoni, I quattro Moschettieri, 1936

delle “mille lire al mese”, del teatro di Petrolini, del varietà di Macario, Dapporto, Wanda Osiris, della crociera aerea del decennale (1933), dei due campionati di calcio del mondo vinti nel 1934 e nel 1938, dei cinegiornale “Luce”, delle trasmissioni radiofoniche dell’EIAR capaci di catturare milioni di ascoltatori. Come la seguitissima “I quattro moschettieri”, (1934-37), con la voce di Nunzio Filogamo che narrava le eroicomiche avventure dei celebri personaggi usciti dalla penna di Dumas, in un carosello di situazioni paradossali dove apparivano divi del cinema americano (e per questo un po’ invisa al Regime, che però tollerava). Il successo fu tale da indurre la Perugina-Buitoni a lanciare, nel 1936, un concorso a premi di figurine (con la famosissima n. 20, quella del “feroce Saladino”), e di riproporne un altro nel 1938. Queste due raccolte di figurine andarono ad aggiungersi ad un’altra iniziativa simile, sempre del 1936, proposta dalla Elah di Genova Pegli, che scelse come soggetto i personaggi Disney (con l’introvabile n.41, dove Greta Garbo baciava Topolino). Oltre ad incrementare la vendita dei prodotti nazionali, il loro successo fu così grande da divenire un vero e proprio fenomeno di costume, tanto da dover essere regolato dalle autorità competenti mediante precise disposizioni.

Di lì a pochi anni il turbine degli eventi bellici si abbatté sul Mondo intero, ed in Italia tutto fu tragicamente spazzato via.

A Chioggia però la Sagra è sopravvissuta, sia per il forte legame della sua gente con la tradizione e l’amore per il campanile, sia per motivi economici. Ogni anno attira decine di migliaia tra turisti e residenti, del resto è una delle manifestazioni più attese nel calendario chioggiotto, inserita tra le 100 meraviglie d’Italia. Durante i dieci giorni della Sagra si tengono anche vari spettacoli di intrattenimento popolare che rendono ancora più folcloristica la manifestazione. E per chi ai tavoli disposti lungo il Corso del popolo preferisse quelli dei ristoranti, l’offerta è sempre all’insegna della valorizzazione del buon pesce fresco locale a prezzi contenuti.

 

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