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“Ai Dogi”, echi di calle e piatti “ciosoti”

 Lo storico ristorante di Chioggia, vicino al Ponte delle Zitelle, da tre anni è gestito da Raffaele Poletto: ripropone la tradizione locale con qualche novità, come le canocchie fritte o le “moeche” del granchio blu

Articolo a cura di Renato Malaman 

A volte Chioggia sembra di cartapesta, tanto è bella e “vissuta”. Con le sue rughe, le sue strette calli con i panni appesi, i canali interni affollati di barche al “guinzaglio” lungo i moli. Chioggia che non è solo pittoresca, perché è città viva. Proviamo a immaginare cosa ne sarebbe di questo straordinario set urbano marinaro senza i “ciosoti”?

In uno degli angoli nascosti di Chioggia c’è il ristorante “Ai Dogi”. Si affaccia in uno slargo fra le alte case, che non è un campo, non è una calle… Sembra quasi che i palazzi si siano fatti più in là per fare spazio a questo antico locale. Che sorge in rione Duomo, poco lontano dal Ponte delle Zitelle e dal portichetto che segue. Oggi il locale lo gestisce Raffaele Poletto, ristoratore di lungo corso e di lunga tradizione familiare (iniziò in un’osteria del Cavarzerano, stretta fra due fiumi), ma “Ai Dogi”, per vent’anni, prima c’era Gildo. Quel locale se l’era sempre coccolato anche lui. Prima ancora c’erano altri ancora. Locale raffinato dentro e verace fuori.

Raffaele Poletto ha preso il testimone del ristorante tre anni fa e subito ha dato prova di attaccamento alle tradizioni chioggiotte. Anche nelle piccole cose: ha introdotto nel menu (ed è stato fra i primi a farlo) la cozza Mitilla di Pellestrina, la cui qualità non ha bisogno di presentazioni e non è frutto del caso, ma di precisi sistemi di “allevamento” a mare; poi ha dato valore a piatti che sono nel Dna della città come la “luserna incoercià” (metodo di cottura lenta, nel guazzetto, che lo chef ha esteso a seppie e sgombro); ha inserito anche l’anguilla, regina delle valli circostanti, simbolo di una civiltà povera e oggi piatto ricco di gusto e di memoria.

C’è anche una curiosissima novità, scoperta parlando con Raffaele, proprio durante la visita al ristorante: anche il granchio blu, nuovo arrivato sulle nostre coste e nelle nostre lagune (non senza creare problemi agli ecosistemi, visto che questo crostaceo extraeuropeo, oltreché prelibato è pure voracissimo), si presta a diventare “moeca”. Basta naturalmente catturarlo mentre fa la muta e perde il carapace. Garantiamo: è buono!

“Ai Dogi”, che sorge poco lontano dal Mercato Ittico di Chioggia, non possono mancare le altre prelibatezze dell’Alto Adriatico che i pescherecci locali scaricano ogni mattina. Ed ecco, nel variare delle stagioni, arrivare cozze, vongole, canocchie, canestrelli, cappesante, cappelunghe, “schie”, seppie, “granseole”, pesce azzurro a volontà (la base anche per le intramontabili “sarde in saor”), branzini, orate, dentici, tonni… “Una nostra specialità – dice Raffaele Poletto – sono le canocchie fritte”.

Da consigliare il gran piatto di crudo, il bollito misto per i cicchetti di tradizione che annovera pure vari tipi di baccalà. Ottimi gli spaghetti ai ricci di mare e quelli al nero di seppia. La grigliata di mare di crostacei e molluschi restano un must, come pure il fritto di laguna. C’è un menu degustazione di 5 portate, a 50 euro. Un buon viatico per approcciarsi al locale.

Carta dei vini che presenta una proposta adeguata alla varietà di piatti.

In sala Andrea Tiozzo, con la sua parlata chioggiotta, rafforza l’impressione di essere proprio lì, fra le calli. In cucina Raffaele Poletto è affiancato, fin  dall’inizio dell’attività, da Adriana Bobea. Della squadra fa parte anche Erlinda Axalan. In sala, con Andrea, ci sono Luca Sparano e Paolo Biolcati. D’estate è consigliabile pranzare (o cenare) all’aperto: un modo per apprezzare di più la tipica atmosfera del piccolo mondo di calle. Che, naturalmente, parla “ciosoto”…

 

 

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