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Street Food d’altri tempi

Nelle zone di mare dove la vita di terra era divisa tra porti e piazze i morsi dello stomaco venivano calmati con “spunci” e “spun­ciotti”

Street Food è un termine anglofono recente­mente mutuato e per questo suona come un fenomeno della modernità, ma il significato in realtà è molto antico. Mangiare per strada, in­fatti, è una pratica che risale, almeno, all’epoca romana, quando la vita nell’urbe era già fre­netica come la nostra e i pranzi erano frugali e all’insegna dell’economicità. Tanto più in Veneto e nelle zone di mare dove la vita di terra era davvero divisa tra porti e piazze e i morsi dello stomaco venivano calmati con “spunci” e “spun­ciotti” in taverne e osterie. Anche sagre e fiere erano luoghi in cui il cibo di strada trovava suc­cesso, la frugalità del mangiare in piedi tuttavia non era a discapito della qualità e tantomeno del sapore. Tradizionalmente a Chioggia e nei suoi dintorni si mangiava pesce e non certo il pesce costoso ma tutta quella serie di molluschi, crostacei e gasteropodi che la povera gente rius­civa a racimolare senza spesa e che per questo sono entrati a far parte del cibo popolare. Come: i “bovoetti”, lumachine che vivono nelle sterpag­lie vicino al mare che si raccolgono da aprile ad ottobre, o le “masenette” le femmine del granchio, pescate tra agosto e dicembre o le più prelibate “moeche”, granchi della laguna pescati nel periodo della muta, quando abbandonano il carapace e sono quindi tenere e molli.

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