Boscolo e Tiozzo, detti …?
Due parole con Alessia Boscolo Nata per conoscere nomi, soprannomi, “nomenanze” delle famiglie di Chioggia
Si chiamano Boscolo o Tiozzo circa un terzo dei quasi 50mila residenti a Chioggia, poco meno sono i Penzo o i Vianello. Un caso unico in Italia, che qualche anno fa ha richiesto un decreto ministeriale per porre fine ai tanti casi di omonimia che nei documenti creava confusione. Il problema venne risolto inserendo anche il soprannome tra i dati biografici, o meglio il “detto” come lo definiscono gli stessi chioggiotti, ossia quel nome aggiuntivo che la “vulgata” popolare ha affibbiato per distinguere gli uni dagli altri anche all’interno dello stesso cognome per confermare l’appartenenza alla propria comunità. De chi zestu (fio)?, de che rassa zestu?
Rispondere Boscolo di Sottomarina non basta, visto che Boscolo sono tutti i Palo, i Brasiola, i Camileto, i Bachetto, i Ceggion e così via per più di altri 83 detti anagrafici. Anche dire Ceggion non è risolutivo, visto che sono circa 600 quelli che portano questo soprannome, come non lo è dire Meneguolo, del quale ne esistono altrettanti, ma rispetto ai quasi 8 mila Boscolo che vivono in Città è già “aver ristretto il cerchio”. In soccorso, oltre al “detto” può giungere il “nomenansa”, ossia un ulteriore sottogruppo tra i soprannomi. Come dire che in una famiglia Tiozzo che all’anagrafe è detta Brasiola, potrebbe portare anche un terzo nome, come per esempio Beppei – se attraverso questo e maggiormente conosciuta.
Da dove si origina una tal ricchezza di nomi, soprannomi, detti e “nomenanse”?
“Originariamente Clodia Major (Chioggia) e Clodia Minor (Sottomarina) erano unite da un cordone ombelicale, un ponte in legno su torri tra l’isola di San Domenico e l’isola del Buon Castello, che possiamo considerare come due propaggini che tendono quasi naturalmente ad avvicinarsi. Il ponte era un’autostrada commerciale: il pesce da Chioggia e gli ortaggi da Sottomarina. Il ponte aveva anche il ruolo di proteggere le immense saline della Serenissima Repubblica che avevano sede dentro alla laguna del Lusenzo e tutt’attorno Chioggia. Nelle prime battute della Guerra di Chioggia (1379) i genovesi abbatterono il ponte; da quel momento a Chioggia furono accolti i pochi superstiti di Sottomarina, che mai s’integrarono completamente con la realtà clodiense, vivendo in una sorta di “ghetto” presso l’area del Perottolo, in Sub-urbis (l’area agricola che più assomigliava alla vecchia Sottomarina) fino ai primi decenni del 1700, quando decadde il divieto del Senato veneziano e Sottomarina potè finalmente essere ricostruita. Chioggiotti e marinanti rimasero isolati fino al 1920, ossia fino alla costruzione del ponte dell’Unione, che dopo più di 500 anni ricollegò i due centri. Nel frattempo le città si erano evolute come universi paralleli, così vicine eppure così lontane, la scarsa mobilità ha fatto il resto, ne risultò che a Sottomarina tutti tutt’ora sono Boscolo o Tiozzo”.
Come nasce il detto?
“E’ un nomignolo che nasce come bisogno di distinguere un individuo da un altro o una famiglia da un’altra, e quindi riporta in se gli elementi visivi o distintivi di quello che poteva essere stato un patriarca o dell’’intero gruppo stesso. Molto spesso si tratta di caratteristiche fisiche come per Gobetto, Pelo, Panzin o di mestieri nel caso di Bragadin, Sale, Forcola. Detti che dalle persone sono passati anche ai luoghi, sempre per rispondere allo stesso bisogno di capire chi siamo e dove viviamo. Alcune calli portano i nomi dei propri abitanti: Calle dei Menèla, Cale dei Fasiòi e oggi costituiscono un vero e proprio monumento alla società chioggiotta e alle sue peculiarità così uniche”.
Detti che non sempre è facile portare. Mantengono una forte connotazione popolare e come si diceva, a volte, essendo nomi attribuiti dagli altri può capitare che suonino come nomignoli, come canzonature. E’ il caso dei “Cagarela”, anche se ho scoperto che in realtà l’appellativo si riferisce al tuorlo dell’uovo e quindi, riferito ad una persona, l’elemento colto è il giallo dei capelli biondi, non qualche patologia o mancanza di coraggio. Perché c’è da dire che anche la lingua chioggiotta ha i suoi bei percorsi descrittivi, ma a parte questo come si portano addosso i vari “Bae”, “Baicolo”, “Tegolina”, come degli involontari nickname?
“Anche i cognomi in uso nel resto d’Italia possono portare allo stesso imbarazzo. Nel veneto i cognomi si sono originati nello stesso modo dei detti, nella maggior parte o nascono dai mestieri praticati o da elementi fisici. Ma spero che a nessuno venga voglia di andare da un notaio e cancellare questo ulteriore nome, semplicemente perché è parte della nostra identità, ci rende unici: siamo proprio noi, nessun altro. Lo si odia e lo si ama; dopo aver risolto nel 2009 la questione a livello nazionale, regolando finalmente le nostre carte d’identità, ai giorni nostri i problemi sono altri: alle volte è complicato inserirsi nei social, hai idea di quante Boscolo Alessia ci siano on line? E il detto dove lo metti?”.
Secondo te questi elementi della lingua, della cultura, del folclore sono destinati a sparire nel corso del tempo? O ci saranno altri nomi a rimpiazzare quelli più antichi? Come evolverà questa parte della cultura legata ai nomi delle famiglie di Chioggia?
“Il Chioggiotto è una lingua aperta e in questa flessibilità c’è chi ha saputo fare virtuosismi, penso al mio amico Boscolo Gioacchina che si fa chiamare Jack! C’è chi, come mio marito, essendo nato fuori provincia ha purtroppo perduto il suo detto: ha padre e fratello col detto e lui no! E la cosa la vive male. Stiamo attraversando una nuova primavera culturale, un periodo dove c’è sempre più desiderio di conservare le tradizioni e la speranza è che anche il detto venga tramandato, con tutto il suo bagaglio storico e folklorico, come parte integrante del patrimonio immateriale di Chioggia”.
Chi è Alessia Boscolo Nata
Architetto e docente di Arte nella scuola secondaria, si occupa anche della valorizzazione del patrimonio architettonico e artistico di Chioggia, attraverso saggi in “Chioggia. Rivista di studi e ricerche”. Tra sue le pubblicazioni figura “Il Forte San Felice e le fortificazioni della laguna meridionale di Venezia”