Saluti e baci da …
Le cartoline erano uno dei riti della vacanza, un modo per dire “mi sono ricordato di te” anche durante le giornate intense della villeggiatura
Toh, ma va là? Mi è arrivata una cartolina. Ancora c’è chi ne spedisce? Da quanto tempo non ricevevo… una: forse cinque anni, di più? Questa la manda la mia nipotina da Riccione. Una mi era stata promessa e spedita un anno fa da Roma, ma non è ancora arrivata, pare che sia stata infilata nella buchetta postale sbagliata – ci sono diversi servizi postali oggi in Italia, e a quanto pare non si “parlano” – o forse si è persa.
Nello sforzo di ricordare chi mi abbia mandato la penultima cartolina correttamente consegnata, e da dove, mi rendo conto che anche le cartoline sono qualcosa che la contemporaneità ha velocemente cancellato. Non del tutto, no: esistono davvero ancora, e nelle edicole e negozi di souvenir se ne trovano molte. Ma quanti le spediscono? Senza voler fare un’operazione “nostalgia”, vorrei fare un piccolo tuffo nel mio vecchio mondo in cui le cartoline erano un elemento essenziale, davvero imprescindibile, atteso e temuto, di ogni vacanza…
Spedire cartoline era infatti un piacere, ma anche un dovere. E non era mai una cosa banale, richiedeva molteplici sessioni di… spremiture di meningi! A differenza del mettere una foto sullo stato di WhatsApp o su una storia di Instagram, era infatti una cosa personalizzata, perché una cartolina arrivava a una persona, una famiglia, non ne bastava una per tutti, e per ognuno ci voleva qualcosa di personalizzato.
A chi spedire? Chi mancava? Chi ci aveva inviato una cartolina e quindi si doveva, per cortesia, ricambiare?
La prima “spremitura” era quindi quella della “lista”: a chi spedire? Chi mancava? Chi ci aveva inviato una cartolina e quindi si doveva, per cortesia, ricambiare? Era un po’, insomma, come per i biglietti di auguri di Natale e Pasqua. Solo che in una cartolina c’era meno formalità nei testi, e si allargava la cerchia delle spedizioni agli amici, ai compagni di scuola, e si poteva magari saltare qualche zio e parente lontano dando la precedenza ai cugini.
La “lista” comportava una suddivisione delle cartoline: a questo la scrivi tu, questa è una tua amica, alla nonna scrivete voi bambini… e così via! Che poi alla fine, se proprio non ci veniva niente o ci stancavamo – che era un po’ come fare un compito per casa – a scrivere ci pensava sempre la mamma.
Anche se l’indirizzo era incompleto il postino riusciva sempre a trovare il destinatario della cartolina
La seconda fatica della mente erano gli indirizzi. Una cosa fondamentale, un tempo, quando ancora i numeri di telefono si imparava a tenerli a memoria. Se mamma non portava con sé l’agendina si doveva pescare, appunto, nella mente. E se proprio un indirizzo non lo si ricordava? Un bel problema… ma c’erano le soluzioni. Gli elenchi telefonici, ad esempio: gli alberghi ne avevano quantità, e se andava bene si poteva trovare quello della città che interessava. Oppure si chiamava la zia che sapeva tutto, e che non andava mai in vacanza (particolare fondamentale: c’era solo il telefono fisso!), fingendo di volerla salutare: utilissima risorsa in questi casi. E se proprio non se ne veniva fuori: beh, rimaneva la fantasia. Quante cartoline ho spedito, ma ho anche ricevuto, senza scrivere l’indirizzo? Un semplice nome e cognome, e il nome del Comune, della frazione, della contrada. Per il resto, ci si affidava alla buona sorte; o meglio, alla buona volontà del postino. Perché a quel tempo il postino era un’istituzione, veniva terzo dopo il parroco e il sindaco. Era sempre lo stesso, faceva lo stesso giro tutti i giorni – e sottolineo “tutti” – e conosceva ogni casa e ogni famiglia. Potevi essere sicuro che avrebbe capito al volo chi era il destinatario, anche da pochi indizi, e che l’avrebbe consegnata come fosse una missione importante.
Mamma mia, parti dalle cartoline di una volta, e finisci per parlare del cambiamento del sistema postale! Ma potremmo anche parlare del fatto che non si spediscono più lettere cartacee – in buchetta arrivano solo bollette, quelle che non vanno in posta elettronica, pubblicità e le comunicazioni dell’agenzia delle Entrate. Non c’è più il piacere di ricevere la posta, l’attesa del postino “che passa sempre verso le undici”. Insomma, di un mondo che la tecnologia ha cambiato e spersonalizzato forse un po’ troppo, in cambio di velocità ed efficienza nelle comunicazioni, e altro ancora che non è oggetto di questo articolo.
Sul retro, nella parte dedicata al “messaggio” sono comparse le prime faccine, le nonne degli “emoji”
Sì, perché invece di perderci a ragionare di Facebook e posta elettronica e cambiamenti epocali, vorrei tornare indietro: al bambino di fronte al supporto girevole, più di uno in realtà, che offre alla scelta centinaia di cartoline… quelle perfettamente quadrate e quelle con i bordi seghettati, quelle con la cornice e quelle senza, quelle con i panorami spettacolari, in pieno sole o al tramonto, e quelle con un particolare unico, un monumento ma anche un’opera d’arte famosa. E poi c’è il mondo delle cartoline multifoto, che da sole valgono una guida turistica! Poi ci sono quelle “artistiche”, che costano anche di più e a volte sono più grandi, con immagini bellissime che cercano di essere “non da cartolina”… ce ne sono persino in bianco e nero!
La terza spremitura di meningi, prima dell’ultima, quella più temuta che consisterà nello scrivere i messaggi, è la scelta. Qualche volta si prendono quelle che piacciono di più, poi si farà “l’abbinamento” con le persone, ma più spesso si cerca di avere già le idee chiare. Quella multifoto, ad esempio, la puoi mandare alla zia o all’amico, così gli fai invidia, ma non alla nonna che non ci vede bene, con quelle immagini troppo piccole… Quella che alla fin fine, riguardandola, non è un granché, mandiamola a quella parente che gliela devi mandare per forza. E questa? È bellissima, va a qualche cugino più caro. Quella con il seno della ragazza in costume in primo piano, o la battuta un po’ volgare… ti rendi conto che no, non è il caso di spedirla, è roba da comitiva di adolescenti in gita! E alla ragazzina, o ragazzino, che ti piace? Eh, questa è la scelta più difficile…
Il momento dedicato alla scrittura dei messaggi finiva per essere l’ultima sera, talvolta l’ultimo pranzo, perché, come i compiti di scuola, necessitava concentrazione: e notoriamente in vacanza tempo di concentrarsi non ce n’è. Si cominciava dagli indirizzi, vergati tanto per rompere il ghiaccio, poi toccava alla data, al luogo… e poi, alla fine, o arrivava l’idea geniale, la frase perfetta, il “pensiero” – non il “messaggio”! – oppure vi era la resa al più classico e tristissimo “Tanti saluti e baci”. E poi via, le firme di tutti, e le prime… faccine! Sì, perché anche nelle cartoline scritte a mano si mettevano il sole, le stelle, e le faccine sorridenti, che nessuno avrebbe avuto mai l’idea che un giorno si sarebbero chiamati “emoji”.
I “messaggini” sul telefono non possono sostituire la sorpresa di aprire una buca delle lettere e ritrovare una vera cartolina
Cosa ci rimane ancora? Ma sì, la fantastica cavalcata alla ricerca della buca postale, mentre il pullman sta per partire, o l’auto è già in moto. Sempre all’ultimo minuto dell’ultimo giorno. Ricordo cartoline spedite strada facendo, o lasciate alla reception dell’albergo, scritte e affrancate, perché il portiere, ormai diventato amico, le spedisse quando aveva tempo per noi…
Aiuto! Ho esaurito lo spazio per l’articolo, e la parola “affrancate” mi fa venire in mente che non ho parlato dei francobolli. Perché le cartoline che viaggiavano erano la principale fonte che alimentava le collezioni. Francobolli dal mondo, sempre più belli e grandi. Tema per un altro articolo. Ma di quante altre cose si potrebbe parlare, partendo dal semplice ricordi di una cartolina, questo superbo mezzo di promozione turistica a costo zero per le località di villeggiatura capace di alimentare l’immaginario e la conoscenza di geografia, storia e arte? Oggi, certo, lo si fa con altri mezzi. Ma ricevere ventisette foto dalle vacanze in un messaggino non può sostituire la sorpresa, e il sorriso, di aprire una buca delle lettere e ritrovare una vera cartolina, concreta, con un’immagine, un pensiero, una firma. Un vero regalo… Quest’estate, lo rifacciamo?